La democrazia è un ideale talmente elevato che è impossibile da raggiungere nell’attuale stato culturale anche se poi si debba credere, per un giusto equilibrio della mente umana, nella dignità umana, nella moralità personale, nell’onestà altrui, o in extremis, nella buona sorte. A questi valori del vivere in comunità occorre inoltre aggiungere il mito della libertà individuale, auspicabile presupposto culturale di cui la politica e le leggi ne dovrebbero essere i garanti.
A tale aspirazione di una naturale libertà individuale appare conformarsi la Magna Charta Libertatum, graziosamente concessa dal re inglese Giovanni Senzaterra (John Lackland) ai propri sudditi il 15 giugno 1215 nei prati di Runnymede, nella Contea del Surrey. Impegno sovrano a fondamento di ogni possibile democrazia moderna.
Il documento, prima importante concessione del genere che apre l’era alle moderne democrazie, è pure conosciuto come Articles of the Barons. Nei suoi 63 articoli si concedono ai baroni ribellatisi all’autorità sovrana diversi privilegi (libertatae) in nome del sovrano Giovanni Senzaterra, re d’Inghilterra per grazia divina. Nel testo originale
Johannes Dei gratia rex Anglie
La ribellione ha origine dalla disastrosa campagna militare condotta dalle truppe inglesi in territorio francese contro il re francese Filippo II, conclusasi tragicamente il 27 luglio 1214 a Bouvines. Tale sconfitta, oltre ad indebolire militarmente il sovrano inglese, privava la Corona dei propri possedimenti in Francia che comprendevano il ducato di Normandia e di Aquitania e la Contea di Anjou.
Alla ribellione concorse pure l’esosità dello ‘scudacio’ (scutagium), ossia la possibilità per il ‘barone’ di sostituire, mediante una congrua somma di denaro, l’obbligo di prestare servizio militare al proprio signore.
Un’attenta lettura della Magna Carta rivela però come in effetti tale documento sia da considerarsi più un’imposizione dei baroni ed assai meno una graziosa concessione sovrana.
Una postilla storica ci informa che all’origine della parola barone vi è il latino baro (uomo). Il plurale barones con cui si designava un servitore è stato usato in età classica da M. T. Cicerone (106-43 a.C.) con connotazioni dispregiative (De Finibus, 2,23,76) per indicare semplicità di spirito e di mansioni. I baroni nel medioevo erano dunque i vassalli del re (dal gallico vassus, servo), ossia feudatari al servizio del proprio signore.
Le trattative per porre fine alla discordia furono condotte dall’allora Arcivescovo di Canterbury, Stefano Langton che ottenne vari privilegi per la nobiltà e per il clero a scapito del potere assoluto del re.
Soddisfatti in tal modo baroni e vescovi venne riconosciuto dall’articolo 39 della Magna Carta il principio che nessun uomo libero potesse essere arrestato o imprigionato oppure privato dei suoi beni se non per giudizio espresso dai suoi pari (nel caso specifico i Baroni) oppure secondo le leggi vigenti.
Il re Giovanni prometteva fra l’altro che sarebbero stati nominati giudici, conestabili, sceriffi e balivi solamente uomini che fossero a conoscenza della legge e disposti pure a farla rispettare. L’articolo 45 della Magna Carta così si esprime testualmente.
Nos non faciemus justiciaros, constabularios, vicecomites, vel balivos,
nisi de talibus qui sciant legem regni et eam bene velint observare.
Quanto difficile fosse mantenere fede a tali sovrane promesse a tutela della libertà individuale lo rivela una legge del 27 maggio 1679, conosciuta come Habeas Corpus Act, rivolta a sceriffi, carcerieri ed ufficiali (a chi quindi aveva in custodia un detenuto) che prescriveva di adempiere alle disposizioni del ‘writ’ di Habeas Corpus. Il ‘writ’, ossia ‘scritto’, era un’ingiunzione che imponeva di presentare il detenuto ad una corte sovrana, entro i precisi termini stabiliti dalla legge per verificare se la detenzione fosse legittima, quindi giustificabile e compatibile con le accuse a carico del prigioniero.
La legge si proponeva, oltre alla necessità di rivitalizzare l’autorità della Corona, di ridurre la poco democratica pratica per imposizione signorile di imprigionare chiunque fosse di intralcio al potere dominante.
Pochi anni dopo l’emanazione della legge dell’Habeas Corpus, esattamente nell’anno 1689, il sovrano James II (1633-1701) fu costretto ad abdicare accusato dal parlamento inglese di voler opprimere la religione protestante e sovvertire le leggi e le libertà del regno servendosi dell’assistenza di cattivi consiglieri, giudici e ministri
…to subvert and extirpate the Protestant religion
and the laws and liberties of this kingdom…
Per contrastare un potere monarchico assoluto (concessa la monarchia a William e Mary, principe e principessa di Orange) appare nello stesso anno (1689) il Bill of Rights, una legge in cui si stabiliscono i diritti e le libertà costituzionali dei sudditi inglesi e della loro rappresentanza parlamentare.
Nel documento si imponeva, rammentando i passati abusi, di non richiedere eccessive cauzioni, neppure imporre eccessive multe, come infliggere crudeli ed inusuali punizioni.
… that excessive bail ought not to be required, nor excessive fines imposed,
nor cruel and unusual punishments inflicted …
Simili abusi di potere monarchico si riscontrano pure in Francia con le Lettres de cachet emesse dal XVII secolo fino alla rivoluzione francese del 1789, documenti firmati dal re e controfirmati da un segretario di stato in cui si ordinava di rinchiudere alla Bastiglia, per un tempo indeterminato e senza darne alcuna giustificazione legale, la persona nominata nel documento. L’uso delle lettres de cachet venne abolito in Francia dall’Assemblea Costituente nel Marzo del 1790.
La legge dell’Habeas Corpus, fondamentale principio costituzionale e il Bill of Rights come espressione delle libertà individuali, non potevano non essere apprezzati da chiunque si trovasse in uno stato di ribellione nei confronti dell’autorità prestabilita. Per questo suo fondamentale valore civile l’Habeas Corpus venne riconosciuta ed accettata nella Costituzione americana con la restrizione che non sarebbe stata sospesa se non in caso di ribellione o di invasione,
… shall not be suspended, unless when in cases
of rebellion or invasion …
Dopo essersi liberati dall’oppressione inglese gli stati americani (inizialmente tredici) dovettero stabilire norme per il buon funzionamento di un governo federale e a tale scopo venne concepita la Costituzione americana ratificata definitivamente il 17 Settembre 1787. Nei suoi primi sette articoli sono infatti enunciate le regole per governare il paese, ma poi, stabilite le disposizioni da osservare per i governanti occorreva assicurare la promessa libertà - The Blessing of Liberty - pure per i governati. Per tale riconoscimento vennero proposti dieci Emendamenti a completamento della Costituzione americana, definiti sulla base del modello inglese, Bill of Rights.
Nel V° Emendamento, riecheggiante la richiesta di una “Just and true liberty, equal and impartial liberty” proposta da Samuel Adams (1722-1803) nel suo The Rights of the Colonists del 20 Novembre 1772, si afferma che nessuna persona potrà essere privata della vita, libertà o proprietà senza un appropriato processo legale.
Nor shall any person … be deprived of life, liberty,
or property without due process of law …
La Suprema Corte Statunitense, sulla base del Codice Statunitense (US Code, Sez. 28, § 2255, Federal custody) ha riconosciuto anche recentemente la validità di tali affermazioni per sentenze e detenzioni che fossero in contrasto con quanto la Costituzione americana, in relazione all’Habeas Corpus, prescrive. Lo stesso principio di inviolabilità della libertà individuale è inoltre chiaramente stabilito dall’Articolo 9° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 quando si afferma che
“Nessun individuo potrà essere arbitrariamente
arrestato, trattenuto o esiliato”
In seguito però, per vari e diversi interessi in gioco, sono state emesse nuove leggi in palese contrasto con tutte le promesse precedentemente proclamate. Una di queste leggi, l’usa patriot act, appare il 26 ottobre 2001 a firma del Presidente George W. Bush, creata per dare maggiore efficacia investigativa agli organi di polizia e di spionaggio statunitensi - la CIA (Central Intelligence Agency) e l’FBl (Federal Bureau of Investigation) - a scapito delle libertà altrui.
Un’altra legge da considerarsi una vera e propria involuzione morale della politica statunitense è la military commission’s act (Public Law 109-366 - Ottobre 17, 2006), firmata dallo stesso presidente americano, che istituiva tribunali militari a sostegno di una maggiore efficacia investigativa con la possibilità di imprigionare, in base al paragrafo relativo alla giurisdizione di tali Commissioni militari - § 948 d. (a) - una qualsiasi persona sospettata di essere un combattente nemico, ossia
…an alien unlawful enemy combatant
Lo scopo della legge era di precludere alla magistratura civile ogni possibile interferenza nel percorso investigativo delle commissioni militari abolendo di fatto, nei confronti del ‘combattente nemico’ da considerarsi un fuori legge, il diritto all’Habeas Corpus - Sec. 7, Habeas Corpus Matters (e)(1) - modificando in tal modo, incostituzionalmente, il Codice americano non essendovi presente nella società americana, per ora, alcuna condizione di minaccia di ‘rebellion’ o ‘invasion’.
Per tale ‘emendamento’ anticostituzionale è possibile per le varie forze statunitensi arrestare e mantenere in detenzione per mesi o anche anni, in particolari campi di reclusione non sottoposti ad alcuna giurisdizione civile, qualsiasi sospetto accusato di essere un combattente nemico.
Prima ed immediata conseguenza in contrasto con la tanto conclamata libertà in ambito sociale è l’umiliante condizione del detenuto sottoposto, colpevole o anche solamente sospettato di esserlo, ad umilianti interrogatori senza alcuna tutela legale. Un tale pervicace tralignamento morale della politica è stato reso possibile dalle particolari condizioni economiche e militari di supporto presenti nel paese. Grande Paese dunque questa America i cui confini spaziano dal Canada a Guantanamo.
Cambiano i luoghi ed i tempi, ma non certamente gli stessi interessi di chi governa. Per il mantenimento del potere politico in Italia con annessi e connessi privilegi si è fatto ricorso, in mancanza delle stesse condizioni economiche e militari presenti nella società americana, ad una diffusa corruzione.
Dall’annuale rapporto internazionale del Country Rank (Country/Territory) risalente al 2001 che analizza e classifica il livello di corruttela sociale presente nei vari paesi, si apprende che l’indice relativo all’Italia è triplicato in poco più di un decennio. Le peggiori conseguenze di un tale degrado morale sono l’estendersi a livello sociale di menzogne e di ipocrisie che deteriorando l’intima coesione sociale creano una serena convivenza umana assai più apparente che reale. Ed è su questa mancanza di solidarietà sociale che si crea sconforto e pressanti motivazioni di ribellione giovanile.
Per mascherare sia gli infamanti crimini di lesa umanità promossi dalle summenzionate leggi statunitensi, sia la crescente estensione della corruttela sociale in Italia si ricorre, per la buona pace dei ben pensanti, all’inganno linguistico. Pratica politica collaudata fin dall’antichità mediante una ben congegnata retorica che giustifichi le prevaricazioni del potere in auge.
L’efficacia demagogica dell’inganno linguistico è reso possibile dalla complessità di significazioni inerenti alla singola parola, comprendente sia elementi linguistici, sia elementi culturali. L’aspetto culturale poi, composto pure dalle varie opinioni, ideologie e pregiudizi più diffusi, induce orientamenti delle masse su basi più emotive che razionali. Ed è per queste credenze indotte ad arte che si è creata la fortuna politica di una parola come democrazia.
La parola democrazia, di origine greca, definisce nel suo puro significato linguistico un potere distribuito, ma per le diverse lusinghe a sfondo demagogico di cui è stata oggetto, si è formato un astratto e convincente valore culturale, simbolicamente definibile come Potere Sovrano del Popolo.
Mediante l’analisi linguistica di una delle leggi citate precedentemente, la usa patriot, è possibile constatare quanto surrettiziamente agisca l’inganno linguistico. Accostando il paese (gli usa) all’implicito concetto culturale di Patria espresso da Patriot è possibile creare inconsciamente una relazione emotivamente utile per ottenere il facile consenso popolare.
Una successiva analisi rivela però che detta legge rappresenta un acronimo che ne dimostra il vero intento: dare, a chi se ne può servire, gli strumenti necessari per combattere il nemico, definito un terrorista.
United and Strengthering America
by Providing Appropriate Tools Required to Intercept and Obstruct Terrorism.
Lo scrittore irlandese G. B. Shaw (1856-1950) soleva dire che l’inglese e l’americano sono due popoli divisi dalla stessa lingua. Il riferimento alla diversità culturale, omogenea, tradizionale e conservatrice l’una quanto eterogenea, rivoluzionaria ed innovativa l’altra ne testimonia chiaramente la diversità linguistica. Il confronto tra parole aventi la stessa origine dimostra quanto diverso possa poi essere il significato da attribuire alla stessa parola per pura influenza culturale. Un tipico esempio può considerarsi l’esteso campo semantico del verbo inglese render, stessa origine di rendere, entrambi dal latino reddere che oltre a corrispondere ai verbi italiani rendere o restituire, significa pure presentare o interpretare. Una canzone, per esempio.
She rendered the song beautifully.
Il corrispondente sostantivo rendition nel suo fondamentale significato di ‘resa’ corrisponde a sostantivi italiani come rappresentazione o interpretazione. Questo il significato fondamentale attribuibile al sostantivo sulla base della cultura inglese. Ma poi nell’inglese americano lo stesso sostantivo rendition, per manifesta diversità culturale, presenta una propria connotazione venendo a coincidere con il sostantivo inglese surrender (consegna). La parola definisce infatti la pratica, favorita dalle summenzionate leggi, dell’arbitrario sequestro di un sospetto considerato semplicemente un possibile elemento pericoloso per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Abuso che si protrae in compiacenti prigioni extraterritoriali, più o meno segrete, con torture per estorcere informazioni mediate ben protocollate in documenti classificati Top Secret.
Nel suo particolare aspetto morale occorre osservare che nelle varie competizioni politiche tendenti al governo della cosa pubblica, il potere che ne consegue lusinga anche diverse persone interessate più al proprio tornaconto che non al benessere sociale. Accade dunque che ottenuto il mandato popolare mediante accattivanti promesse è poi possibile giustificare, da parte di siffatte persone, anche il proprio immorale comportamento come espressione della volontà popolare. Il costante ricorso all’inganno linguistico si è dimostrato assai efficace in quanto in grado di diffondere e sostenere interessate ideologie presentandole come fondamentali valori culturali.
Lo stesso interesse demagogico si riscontra pure in varie dittature, dove, per dare parvenza di un completo accordo della massa al proprio operato, se ne richiede l’approvazione mediante un’unica lista di partito, lista sostituita in democrazia da un’eterogenea lista di classe politica. La dimostrazione dell’omogeneità ideologica di tale classe politica si constata nel facile adattamento dei transfughi ai diversi vessilli di partito per puro interesse privato.
Se questi comportamenti di estrema immoralità sono tollerati all’ombra delle varie democrazie non deve meravigliare il fatto che anche nelle nostre moderne società siano presenti gli stessi soprusi così insistentemente condannati fin dai tempi delle signorie medioevali. Ma simili democrazie, sorrette da imposte ideologie, divulgate da una compiacente cultura e degradate da immorali prevaricazioni non possono certamente considerarsi, in una società che voglia definirsi civile, modelli politici da imitare.
L’inganno Linguistico (Internet)